La vicinanza del confine di stato favoriva il commercio di cereali, ma anche l’attività di contrabbando. Le cronache del tempo riferiscono di numerosi fatti di cronaca nera legata al contrabbando e alla malavita organizzata; tuttavia in questi atti criminosi non è mai stata segnalata la presenza di gente di Cividate. In quegli anni le sponde del Fosso Bergamasco erano costellate di croci, che ricordavano i contrabbandieri uccisi dalla guardie di frontiera mentre tentavano di varcare illegalmente il confine.

Nonostante le epidemie di peste del 1529 e 1575 e le difficoltà dei tempi, la popolazione del paese continuava ad aumentare: dai 1000 abitanti di fine Cinquecento si raggiunsero i 1400 a metà Seicento. E ciò nonostante la nuova epidemia di peste del 1630 che, fortunatamente, a Cividate provocò solo 76 morti. Nel 1689, a ricordo di questi morti, fu eretta la cappella dell’Addolorata dei Campiveri.

Nel corso del Seicento fu eretta la chiesa della Congregazione (San Luigi) con il relativo campanile; fu costruito il campanile di Santa Margherita e fu nuovamente ampliata la parrocchiale, sostituendo la copertura “a vista” della navata con una copertura a volta in muratura.

Il lungo periodo di pace seguito all’ultima epidemia di peste favorì la diffusione delle colture agricole provenienti dal Nuovo Mondo, come la patata e il mais, che migliorarono sensibilmente l’alimentazione della popolazione rurale. Ebbe un particolare sviluppo anche la coltura del gelso, che permise l’allevamento del baco da seta e, conseguentemente, la nascita dei primi filatoi.

A Cividate sorsero due piccole filande, la maggiore della quali si trovava nei rustici di palazzo Belvedere in contrada d’Oglio.